martedì 10 novembre 2015

Only lovers left alive

16:32
OCCHIO PERCHÈ VI DICO COME FINISCE

È Hiddleston mania, signori.
Prevedibilmente.
Dopo Crimson Peak la crush era inevitabile, perdonatemi. E poi lo so che i calori ce li avete tutte quante, per cui non guardatemi con quell'aria lì di giudizio che vi vedo.

Dopo avere visto anche Only lovers left alive, l'ultimo film di Jarmush, del 2013, ho capito con certezza l'arma con cui il buon Tom ci ha fregate tutte quante: gli occhi. No, non solo perché sono tanto belli, grazie tante. Perché li sa usare, il maledetto, e li sa usare in un modo che non lascia scampo ad anima viva. Il modo in cui guarda le donne di cui è innamorato rappresenta in pieno quello sguardo che tutte noi desideriamo ci sia rivolto. Che poi sti occhi siano anche incorniciati da uno dei più bei visi dell'industria cinematografica moderna è solo un punto in più, ma non è quello centrale. O quest uomo è davvero molto innamorato anche nella vita reale (e allora, chiunque tu sia, o donna fortunata, a te vanno i miei più sinceri complimenti), oppure è un attore grandioso. La seconda la dò per certa.


Questa volta il suo sguardo è rivolto a Eve, una sempre divina Tilda Swinton. Sono due vampiri, sposati, che vivono a distanza. Si riuniscono a causa della fragilità di lui, che lo porta ad avere desideri suicidi. Si unirà a loro Ava, sorella di Eve, che porterà notevole scompiglio.

Mi tocca ripetermi, mi ci costringete: date ad un film horror (definizione un pochino vaga per questa volta, ma passatemela, dai) una storia d'amore e vi scompiglierà le viscere come nessuna commedia romantica sa fare. Anche quando è estenuantemente lenta come questa.

Raghi, guardare Only lovers left alive è difficile, perché si prende tutta la tua concentrazione per due ore e se solo lo guardi un po' più alla buona ti rompi le palle e buonanotte al secchio. Ma se ti annoi rischi di perderti una bellezza incredibile. Una fotografia così cupa, luoghi così belli (ho una passione per i paesi arabi e tutti i miei amici leggeranno questa frase e ricorderanno quanto gli rompo i cosiddetti perché voglio andare a Istanbul), sguardi così coinvolti, corpi che non possono stare separati.
Non so il motivo per cui i due vivessero separati ad inizio pellicola, ma quando si rivedono è una botta di intensità non indifferente. Dal momento in cui lei si precipita a Detroit per correre in soccorso di Adam i loro corpi non sono quasi mai completamente separati. Gambe accavallate, corpi intrecciati, mani cercate. È incantevole starli a guardare, è poetico vedere lei sempre alla ricerca della voce di lui, anche solo per farsi raccontare storie che già si conoscono a memoria. Così come è gratificante vedere lui cambiare espressione dal momento in cui lei varca la soglia, vederlo rinascere solo perché lei gli gira intorno.



Sono due personaggi pieni di carisma (lo so che è una parola che uso sempre, scusatemi, non ho un vocabolario particolarmente vasto), eppure opposti: Adam affranto, ha perso ogni speranza, ogni fonte di gioia, niente lo appaga abbastanza da fargli desiderare di vivere ancora, almeno fino a che non torna lei. Eve, invece, affettuosa e dolcissima, riesce ancora, dopo secoli, a godere delle piccole cose, di una partita a scacchi, di un ballo insieme a lui, di un libro. È forte il contrasto con lui, che invece non riesce più a trarre soddisfazione nemmeno dalla musica.Mentre lei poi si tiene al passo con i tempi, quasi fosse affascinata da quello che gli uomini possono creare (ha uno smartphone, i suoi vestiti sono alla moda - espressione che odio - rispetta le tradizioni di Paesi diversi dal suo . . .), lui è ostile. Ha la possibilità economica di comprarsi a sua volta un telefono con cui la comunicazione con l'amata sarebbe più semplice, invece ricorre a bizzarri sistemi immagino di sua creazione pur di non riconoscere che anche gli zombie (noi umani) possono fare qualcosa di buono. L'unico zombie accettato è Ian, il che mi fa un po' arrabbiare, perché è troppo comodo che l'unico che ti piaccia sia quello che fa tutto quello che vuoi senza troppe domande rognose, caro il mio Tom. Vive costantemente nel passato, nemmeno si compra uno stetoscopio nuovo, eppure parlare di persone o eventi che non ci sono più sembra gli costi fatica. Come se niente del nostro tempo possa prendere il posto di quello che abbiamo perso, come se per l'umanità non ci fosse più speranza. Eppure, quando alla fine sono costretti ad uccidere dei giovani per nutrirsi, ritorna a fare i grandi discorsi colti di cui è capace. Come se volesse innalzarsi, o purificare l'atto che sta per compiere. Chissà se questo ha un senso o sono le follie di una che non ha capito il film.

Io, nell'umanità, ancora ci credo. Fino a che ci saranno le canzoni di Leonard Cohen, fino a che gireranno film così intensi, fino a quando giovani ricercatori lavoreranno sottopagati solo per portare avanti un ideale, io ho fiducia. Il talento e i valori mi fanno credere nell'uomo, talmente tanto da farmi passare quasi sotto gamba i 100000 che dovevano essere a Bologna nei sogni di Salvini. Ci credo davvero, eppure il film di Jarmush mi è piaciuto un sacco.

venerdì 6 novembre 2015

American Horror Story Hotel (Ep. 04-05)

17:15
Siete sempre distratti, voi.
Non l'avete visto che la scorsa settimana non si è parlato di AHS?
Non agitatevi, dai, ne parliamo adesso. Di DUE episodi insieme, è come se vi stessi facendo un regalo di Natale in anticipo, vah che bene che vi voglio.

Finalmente è successo qualcosa alla Sevigny! Ti aspettavo, my dear, ero qui che fremevo nell'attesa di vederti fare qualcosa di sbagliato, e che quel qualcosa fosse legato al piccolo col morbillo era cristallino.
(Mi ripeto che non si sa mai: se non vaccinate i vostri bambini siete dei primati. Ciao.)
Così come era chiaro che questo qualcosa sarebbe stato causato dal tuo Holden, il tuo amatissimo Holden.
Solo che, autori? Scarlett dove me l'avete lasciata mentre la sconsiderata madre mandava a quel paese la sua umanità per stare vicino al figlio perduto, per poi distruggere un'altra famiglia dato che ormai diventar vampiri pare essere diventata una moda? Siamo finiti in Twilight?
Qui ti volevo, Chloe, e qui sei arrivata.
Un abbraccione.

Il mio tono è ironico, ma in realtà questa stagione mi piace sempre di più, episodio dopo episodio. I signori che ci regalano AHS ci hanno abituato a tonnellate di carne al fuoco e non si smentiscono nemmeno stavolta, sovrapponendo varie sottotrame che diventano di volta in volta più articolate, nessun gesto rimane senza conseguenze. Combini un disastro presa dalla fretta del voler risolvere una situazione tragica (bambino morente per genitori coglioni) e questo crea altre situazioni spiacevoli. Da cosa nasce cosa, la vicenda non resta mai lineare, come un albero parte da un unico tronco che però si sviluppa in numerosi rami separati tra loro, che a loro volta si dirameranno in rami più piccoli. Non vedo l'ora di scoprire quali sono le radici di questa pianta, le origini, ciò che dà linfa e risoluzione a questa stagione che mi sta prendendo come non mi succedeva da un po'.

NON VEDEVO L'ORA che si desse il giusto spazio a quello splendore di Liz Taylor. Vorrei mi seguiste su Twitter, per vedere quanto dopo ogni puntata io debba ribadire che Denis O'Hare è un figo pazzesco ed è il mio preferito, lo amo tanto, amo quell'eyeliner egizio e quei vestiti lunghissimi, ma soprattutto ho amato fino agli applausi quel 'It's Paco Rabanne!'. Ho peraltro amato moltissimo il suo discorso sullo scoprirsi transessuale, sull'uscire in corridoio finalmente negli abiti giusti e nel sentirsi nudo, perché stava mostrando al mondo per la prima volta il vero sè stesso. È così che ci si sente, no, quando ci si espone completamente? Nudi, fragili.
Trovo che il modo di trattare le tematiche LGBT di quelli di American Horror Story sia sempre incredibilmente appropriato e interessante.

Il detective mi risulta ancora un po' ostico, non riesco a comprendere se c'è o ci fa, e quello che mi dispiace è che nemmeno mi importa, a differenza di quella Sally che rimane un grosso mistero ma molto, molto più interessante. Continuo ad essere curiosa a proposito della questione del killer dei 10 comandamenti e a proprosito di come la faranno concludere, ma lui proprio non mi intriga.

Come ha smesso di intrigarmi La Contessa, che era perfetta finché faceva la poser trash queen, statica e 'maestosa', ma da quando ha iniziato a parlarmi me ne frega sempre meno. La questione del denaro è stata appena accennata e poi mollata lì, vedremo come si riprenderà.

Molto carina la scena della cena dei serial killer, anche se credo avrebbero potuto trarne un po' di più. Rimane il fatto che Peter con sta voce mi si sta arrampicando su per una braga (non so se si dice in tutta Italia, in Cremonese vuol dire che mi sta rompendo le scatoline) e che mi si presentasse il signor March in persona giuro che mi farei ammazzare ma solo dopo averlo privato delle corde vocali.

Complessivamente, signori, questa mi pare una Signora Stagione. Darren Criss è stata una comparsata adorabile, chissà che in qualche modo torni.
Sento un po' la mancanza della Roberts, però, voi che dite?
Della Farmiga no, anche se conto di passare a salutarla quanto prima in The Final Girls.

Vi sta piacendo sta stagione, sì? E come potrebbe essere altrimenti?

lunedì 2 novembre 2015

Crimson Peak

14:46
POTREI ESSERMI LASCIATA SCAPPARE QUALCHE SPOILER.


COSA VOLEVO
'Oddio un film nuovo di Del Toro! Oddioddioddio.'
'Uh, i fantaaaaaaaaaaaaasmi!'
'TOM HIDDLESTON! Stringimi la mano, Guillè, che ti voglio ancora più bene.'
'Oddioddioddioddioddioddio'
'Epoca vittoriaaaaaaaaaaaanaaaaaaaaaaaaaaaa'
'Ah, ma c'è anche la Chastain, sei proprio un omone intelligente, che bella testa che hai'
'<3<3<3'
'Ma tu vuoi proprio che io muoia, dimmelo che lo vuoi, io non reggo a tanto splendore, io sverrò in sala, il mio cuore non può sopportare questa attesa,ma chi me lo dà il coraggio, ma con che forza posso vivere fino all'uscita'

Questi, in ordine cronologico più o meno corretto, sono i pensieri che hanno attraversato la mia mente dal momento in cui Crimson Peak è stato annunciato, più o meno sei ere geologiche fa. Almeno questo mi sono sembrate.
Tanto ero concentrata sul nuovo film di Del Toro che la settimana scorsa ho sbagliato a comprare il latte per il bar dove lavoro.

Ogni minimo aspetto di quanto ci era strato mostrato del film sembrava cucito addosso alle mie preferenze: attori, location, storia, regista, epoca, ogni cosa mi faceva battere il cuore dall'impazienza. Mai nella vita mi era capitato di incontrare una pellicola che mettesse insieme così tante delle cose che amo, per cui le mie non erano nemmeno aspettative, erano proprio certezze.

Nell'ordine, mi aspettavo: un gran bel film, raccontato con tono incantevole, con quel modo di raccontare ogni storia come se fosse una favola, con quello sguardo sui personaggi che te li rende indimenticabili. Dei colori incredibili e immagini mozzafiato perché Del Toro mi ha abituata molto bene, non posso scendere a compromessi che mi portino ad accettare una qualità visiva minore di quella a cui lui stesso mi ha fatta affezionare. Fantasmi, tanti, rumorosi e se possibile vecchio stile, un po' poltergeist: scricchiolii, rumori sibilanti, porte che si aprono da sole, volevo sentire i peletti della nuca alzarsi in modo talmente lento da farti impazzire, roba da picchiettarsi il coppino fino a farlo sobbollire. Romanticismo vittoriano, un po' janeaustiano, di quelli in cui il sentimento nasce da lontano, delicatamente, molto molto più dolcemente che non tramite Whatsapp.


COSA HO AVUTO

Tutto tutto tutto quello che volevo.
Per davvero.
È quasi surreale, una sensazione straniante per chi non ci è abituato. Ho visto tanti film che ho amato, ma per la prima volta ho provato cosa significa quando ogni tuo desiderio viene soddisfatto. Del Toro ha compreso esattamente cosa amo, perché probabilmente è quello che ama anche lui, non so spiegarmi altrimenti questo mix perfetto di mie grandi passioni. Ci sono certe inquadrature che parevano finte, dei quadri, dei dipinti impressionisti. Questa villa incredibile immersa nel nulla, circondata solo di chiara e finissima nebbiolina, con l'argilla cremisi che pian piano emerge, fino a ricoprire completamente il terreno intorno alla casa, mi hanno rubato il cuore. All'interno, poi, mi ha fregato con i colori. Mi aspettavo toni molto caldi, a fare quel contrasto con il bianco che tanto mi rende felice, tonnellate di rosso, un bel marrone intenso. Ci sono, non preoccupatevi. Ma mi ha fregato, il mio amorone, mettendoci degli elegantissimi quanto inaspettati tocchi di quello che è da sempre il mio colore preferito: l'ottanio. Intere gigantesche pareti di un blu petrolio incantevole, per non parlare di quella coperta che ancora sogno la notte.
Lo sapevo che le immagini sarebbero state uno dei punti di forza, ci avrei scommesso le dita dei piedi, perché io nella testa ho i modi per pressare il caffè o la quantità di gelato da mettere in un cono da 2,30, lui ha vallate di fiori, tavolozze di colori, struggenti primi piani di donne sofferenti. E cosa ti aspetti da una mente così? Nient'altro che bellezza, nella sua concezione più poetica.
D'altro canto, nemmeno la storia mi ha deluso. Non che lo temessi, ma insomma, va specificato. Parliamo di Edith, giovane aspirante scrittrice di Buffalo, che anziché sposarsi con il bravo medico di famiglia che le sbava copiosamente dietro da tempo immemore si piglia una sbandata senza precedenti per sir Thomas Sharpe, con il quale finisce per sposarsi dopo la prematura e violenta dipartita del padre di lei. Dopo le nozze i due si trasferiranno nella proprietà del baronetto, villa fatiscente emblema del fallimento della loro famiglia. Non vivranno soli, a dividere con loro l'incantevole Allerdale Hall sarà Lucille, sorella di Thomas.
Lucille e Thomas sono la bomba pronta ad esplodere, la tensione tra i due è talmente papabile che avevo quasi paura di spezzarla solo respirando. E sono due mostri, un Hiddleston bello da far soggezione e una Chastain con quel viso lì che non so cosa possa avere fatto sta stronza per meritarselo. Chiudete gli occhi, immaginateveli vestiti con splendidi abiti vittoriani. Immaginateli scambiarsi sguardi di un'intensità rara, immaginate gli occhi di lui guardare la Wasicosa e realizzare che ne è innamorato, figuratevi nella mente due paia di occhi che trasudano erotismo e sensualità. Due bellezze raffinatissime, e tanto basterebbe ad elevarli al rango di divinità.
Poi recitano.
E allora capisci che la sopracitata definizione mica è sufficiente.
Un crescendo emozionantissimo che culmina con un braccio teso, e un dito rosso e morto dritto ad indicare la stanza in cui si consuma la vergogna.
Chiamiamola vergogna, perché ai nostri occhi è tale.
Ai loro è amore.
Folle, malato, irrazionale, di quelli che ti marciscono dentro, di quelli che ti uccidono. O che ti fanno uccidere. Di quelli a cui non sopravvivi.
Solo in mani dorate come quelle del messicano potevano prendere un sentimento così, e trasformarlo in un film che è quasi poesia. Che è talmente completo, raffinato e commovente che ti ribadisce due volte che 'i fantasmi esistono' e tu non dubiti nemmeno per un istante che sia così.


mercoledì 28 ottobre 2015

Non solo horror: Amabili resti

09:46
Netflix è arrivato, sia lodato Netflix!
Per essere fuori da manco una settimana il catalogo è piuttosto interessante, ci sono dei documentari che mi cuorano gli occhi al sol pensiero.
Documentari, capito? Sto invecchiando, per forza.

Tra i vari film proposti mi sbuca lui, Amabili resti, a cui facevo la corte da un po', precisamente da quando ho conosciuto la malefica Saoirse Ronan in Espiazione, che tu piccolo mostro possa essere eternamente maledetto.

In AR la mia nemicissima Ronan (scherzo, è brava brava brava) interpreta Susie, una ragazzina violentata e uccisa da un vicino di casa. Dopo la morte non troverà la pace, ma rimarrà bloccata in un limbo da cui sorveglia i famigliari, Quello che vuole è essere vendicata.


Partiamo dalla solita premessa personale di cui può anche non fregarvene niente ma che serve a me.
Sabato pomeriggio è morta una ragazzina del mio paese, una ragazzina dell'età di mio fratello. Qua da noi li chiamiamo 'coscritti'. Non la conoscevo personalmente più di tanto (per quanto ci si possa non conoscere in un paesino di 3000 anime), ma da lontano l'ho vista crescere. Ho sempre accompagnato io mio fratello (che, se non ve l'ho mai detto, si chiama Kevin) nel suo percorso scolastico (e non), per cui ho avuto modo di vederla a 3 anni, mentre faceva l'asilo, entrare alle elementari, e poi alle medie, e poi quest estate, in procinto di diventare una ragazza splendida. E l'ho vista mancare, sabato scorso. Kevin ha dovuto per la prima volta scendere a patti col fatto che si può morire a 16 anni, che gli incidenti e le notizie del tg non sono cose lontane, che accadono a chiunque, in un  modo completamente inaspettato, come se la sorte pescasse da una grande boccia. E ha dovuto scenderci a patti in un momento di grande fragilità, mentre è ricoverato in ospedale.
E per la prima volta la morte di una persona che non mi era amica mi ha colpito così duramente, Perché aveva l'età di Kevin, ha fatto ogni scuola con Kevin fino alla terza media, e mentre ora lui è in ospedale (ma sta bene, nessun allarmismo) a rognare perché vuole tornare a casa, a lei questa scelta non è stata data. Ed è devastante. Inimmaginabile.

Scegliere di vedere Amabili resti proprio in questo momento è stata forse una scelta un po' azzardata, perché ho il cuore e la mente offuscati e confusi, ho avuto momenti di grande intensità in cui mi chiedevo quale potesse essere il senso di amare qualcuno così tanto quando può esserti tolto in qualsiasi momento, trascinando la tua vita in un becero e miserabile continuare senza scopo. Poi mi sono ricordata che alla regia ci stava Peter Jackson, che considero una persona molto intelligente. Sapevo non avrebbe fatto del marcio giornalettismo con immagini strazianti di mammà e papino in lacrime, non avrebbe ostentato il dolore. Non mi ha deluso, è sempre molto elegante.
Certo, la sofferenza è molto presente, ma non ne siamo mai sopraffatti fino al disgusto, qua non parliamo mica di Barbara D'Urso. Non avrei potuto sopportarlo.


Con queste premesse, penserete che il film mi abbia emozionato molto.
Ecco, no.
Avrei tanto voluto che lo facesse, in questi giorni ho bisogno di uno di quei pianti liberatori che ti alleggeriscono lo stomaco, invece niente. Pur riconoscendo alcune scene come bellissimi momenti di cinema, il mio cuore è rimasto freddino (il che mi lascia perplessa, sapete quanto l'argomento stupro sia importante per me). E per quanto abbia trovato interessante la parte del caso da risolvere, forse la parte più thriller, ho avuto il latte alle ginocchia per tutta la parte dell'aldilà. Premettendo che non credo nella vita dopo la morte e nemmeno in paradiso/inferno e tutte quelle cose cattoliche lì, il vero punto è: avevamo davvero bisogno di questo bagno termale nella computer grafica, Peter? Io credo di no. In quanto figlia degli anni 90, la tecnologia non mi spaventa, non odio la CGI a prescindere come presa di posizione hipster, ma ragazzo mio, perché? Perché così, perché anche in momenti in cui non era affatto necessaria? Hai dato un valore aggiunto alla pellicola?
È proprio così che ti immagini l'aldilà, Peter? È così che lo sogni?
Riconosco che, in un momento in cui la mia mente è così pervasa da pensieri riguardanti la morte, la morte dei giovanissimi, Amabili resti si è insinuato su un terreno fragilino, aiutando queste mie riflessioni a crescere, anche se temo che non arriveremo mai ad una risoluzione.

Non si scende a patti con la morte. Non la si capisce, non la si accetta.
Specialmente quando avviene così.
In una stracavolo di scena piena di computer grafica che mi pareva di stare a guardare un benedetto Polar Express!


(Spoiler: non parlo della morte di Susie)

venerdì 23 ottobre 2015

American Horror Story Hotel (Ep. 3 - Mommy)

11:46
In ritardo di un giorno causa gita ad Expo con le mie persone preferite, torniamo a parlare della nostra causa di gioia e dannazione.

Oggi un po' più dannazione.
Per la prima volta dall'inizio della stagione sono state più le cose che non mi sono piaciute che il contrario.
Mi intriga la questione del caso da risolvere, i comandamenti (che compaiono anche nei titoli di testa), la connessione che chiaramente c'è tra l'Hotel e il lavoro del detective. Le è dato uno spazio decisamente ridotto, però, una scena per puntata tanto per ricordarci che stiamo andando in quella direzione lì. La vorrei un po' più articolata, per cui confido che miglioreremo nel corso degli episodi.
Però sto detective amici miei, che pigna nel sedere. Non mi ricordo nemmeno il nome, per dire quanto mi ha colpito. Non riesco bene a comprendere se è un personaggio volutamente mediocre o se ci hanno provato a dargli intensità e invece non gli è riuscito. Prima vuole arrestare la Sally (sempre grandiosa, ve lo dirò ogni volta che la Paulson è la mia preferita), poi siccome lei (che evidentemente ha capito sto detective meglio di me) gli infila la mano nelle mutande lui ci ripensa, poi arriva la Sevigny che lo vuole mollare e lui 'no amore resta sto diventando matto vedo la gente morta, e poi non mi mollare perché ti amo un casino'. Non lo so, con lui mi serve tempo, ma so già che l'attore non mi piace.

Il caso di questo bambino col morbillo cosa è stato? Un intervallo? Si allargherà in qualcosa di più importante? Chi lo sa, nel dubbio ribadisco che i miei figli verranno vaccinati anche contro l'otite, vaccinate i bambini e non rompete il cazzo con affermazioni grilline prive di fondamento scientifico. (Perdonate il francese, certi argomenti tirano fuori il peggio)
Restando in ambito infanzia, all'altezza della terza puntata tutti hanno visto Holden. E mò? Come andiamo avanti con sto vampirello?
DI certo, parlando di figli, questo episodio è stato abbastanza doloroso. Per la Bates, che sta combattendo contro il mulino a vento dell'odio di suo figlio, che gli impedisce di ascoltarla, di provare anche solo a sentire quello che ha da dire. La odia punto, ma finisce per redimersi quando si rende conto che senza di lei non ha un cavolo di niente, scena fondamentale nel nostro percorso di comprensione di quale gigantesca merda questo Donovan sia. Visione parziale, eh, magari nel corso del tempo scopriremo che aveva ragione lui e che lei davvero è stata un incubo di madre e che lui alla fine si è redento perché è un angelo di omino, ma al momento lo odio, nonostante siamo chiaramente di fronte ad uno dei volti più belli che io abbia mai visto.
Abbiamo poi, appunto, la questione della famiglia del piccolo Holden, del dolore così chiaramente espresso di una madre che ha perso il figlio prediletto, l'amore più grande che potesse provare. Il tempo non ha lenito alcunché, alla Sevigny. Ormai la famiglia è in pezzi, per motivi che al momento non riesco bene a figurarmi. Ma io non ho mai perduto un figlio, per cui su questioni così delicate non mi esprimo troppo a lungo. La famiglia è in pezzi, dicevamo, ma Holden è 'vivo', lo hanno visto tutti quanti, per cui vedremo come si concluderà. Quel che è certo è che non lo vedranno mai crescere, avere una vita da adulto, creare la sua famiglia. Ma sono almeno curiosa di sapere se se lo porteranno a casa.

Naomi Campbell non mi piace. Non mi è mai piaciuta come personaggio famoso, non l'ho mai trovata una delle donne più belle del mondo e per concludere come attrice mi piace ancora meno. Discorso chiuso, archiviamola. Ma poi questa si lava la faccia con i capelli sciolti, di cosa stiamo parlando. Speravo ce ne fossimo liberati ora e per sempre, invece no, bloccata al Cortez pure lei. Ma perché? Cosa ce ne facciamo? Dove la mettiamo ora questa?
Chiarito il fatto (detto proprio palese da Sally, mica me lo sono sognata) che quelli rimangono lì perché hanno qualcosa in sospeso (enorme e gradita citazione di un grandissimo e fondamentale classico del cinema di fantasmi, Casper), cosa avrà mai avuto questa in sospeso in sto Hotel che ci è stata manco 72 ore? Temo, con mio enorme disappunto, che lo scopriremo.

La Contessa mi sta perdendo un po' di quel fascino trash che aveva avuto nelle prime puntate, e credo che la colpa sia da attribuirsi un po' al fatto che ultimamente parla un po' troppo, e sto trucchetto del portarsi a letto chiunque per trasformarlo alla lunga un po' stanca. Almeno stavolta abbiamo tirato in ballo i big money, vero grande motore dell'universo conosciuto.

Spero di uscirne più entusiasta la settimana prossima!

martedì 20 ottobre 2015

Se fossi (in grado di fare) il regista

17:34
Mai mai mai che nella vita abbia sognato di fare la regista.
I film ho sempre preferito guardarli, non mi è mai nemmeno passato per l'anticamera del cervello di provare a girarne uno mio. Sarà perché la credo una cosa difficilissima, sarà perché a certi Grandi Nomi non voglio essere accostata nemmeno per sbaglio, io la regista non la voglio fare.
Però.
Quando Kris Kelvin del blog Solaris ha proposto a noi soliti ciccioni del cinema per chiederci di parlare di quali film avremmo voluto girare noi io ci sono stata principalmente perché ha fatto una premessa molto interessante: non elencare i film preferiti (perché qua siamo seri e vincere facile bonciboncibonbonbon non ci interessa) ma piuttosto parlare di quelli che per un motivo o per un altro avremmo voluto dirigere, anche coerentemente con i nostri interessi e le nostre capacità.

Ho aderito anche perché pensavo fosse facile.
E invece non lo è, high five alla mia ingenuità.
Ci proviamo, come sempre.

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.


Lo so, scusatemi tanto. Mi dispiace proprio continuare a riempirvi l'anima con sto cavolo di Harry Potter, e lo capisco se avete pensato ad un insulto. Siate gentili, non ditemelo. Il punto è che se avessi solo cinque film da poter girare uno deve necessariamente Harry Potter per consentirmi di respirare correttamente. E se proprio devo sceglierne uno, deve essere il terzo. Sarebbe forse più saggio scegliere il sesto, in modo da eliminare dalla faccia della Terra quella feccia che ora viene distribuita, ma qua comanda il cuore. 
Se avessi la possibilità di farne un film, lo farei per cercare con ogni mia cellula di dare a qualcuno le stesse emozioni che il libro ha dato a me. Vorrei far volare la mente delle persone, senza alcun bisogno di ippogrifi, nonostante questi siano senz'altro creature assai gradite. Vorrei che fosse un film pieno di cuore, in cui la tecnica conta meno di zero in confronto alle sincere lacrime di commozione. E l'avrei voluto oscuro, cupo, come l'aria che ad Hogwarts si respirava in quegli anni e che nei film non sempre è passata. Erano anni bizzarri, da un lato la felicità e la tornata serenità, il cattivo non c'è più. Dall'altro però, come dopo una grande guerra, non sei mai sereno, perché dopo averla vissuta la paura che ricominci è troppo grande. Il brutto è che qui ricomincia davvero.
La Rowling ci era riuscita benissimo, a raccontarci quest'aria.
E si, va bene, anche Cuaron.
Ma io ci sarei riuscita meglio, tiè.
E poi in questo film c'è la scena di Malfoy che fa 'Dissennatore, dissennatore! Uuuuuh' e la mia cotta infantile potrebbe non essere passata del tutto.

Il mio vicino Totoro.


Perché io scrivo. E scrivo per bambini.
Ogni volta che mi viene in mente qualcosa, una frase, un'immagine, una storia, io vorrei che avesse sui bambini l'effetto che Totoro ha su di me. Non impegna la mente, ma scalda il cuore. Scelgo quindi Totoro perché, tra i Grandi Capolavori Ghibli (non è nemmeno il mio preferito, eh) è quello che mi fa invidia. 
Invidio la mente che ha pensato a questa favola così dolce, così semplice eppure piena. Non ti alzi da tavola sazio, quando guardi Totoro. Non è come Nausicaa, che ti fa tanto pensare, o il mio adoratissimo che proprio lo abbraccerei Spirited Away, è proprio che ti prende la testa, te la stacca dal corpo e quando te la rende è tutto più leggero, e gradevole, e dolcissimo.
E una sensazione così bella avrei voluto davvero suscitarla io.
Per cui rosico.
(No, non è vero, non si rosica col Maestro, si ama.)

Il seme della follia.


Perché sarei un cavolo di GENIO.

E poi perché girare un finale così implica avere delle capacità fuori dal normale. 
Che è sempre un modo per dire che sarei un cavolo di GENIO.

La casa.


Secondo me quella piccola manica di cretini si è divertita un sacco. Avrei voluto davvero essere lì a dirigerli.
E io ce lo vedo, Raimi, a ridere e a prenderci tutti per il culo immaginando le nostre sconvolte facce di fronte al suo lavoro. Ce lo vedo, e avrei voluto essere lui in quel momento. Avrei voluto essere lui anche mentre appendeva quell'iconico poster strappato a mò di enorme Ciaone a Craven.
Ma soprattutto, ve lo immaginate come sarebbe stato passare dei giorni 24h su 24 con Campbell? 
E poi, pensate che bella roba, anni dopo buttano fuori un remake, che io in quanto regista del primo posso produrre perché ho i soldi che mi escono dai pori quando mi schiaccio i brufoli, ed è anche un BEL FILM! 
Incredibile.

L'esorcista.


  1. Ogni singolo film che è venuto dopo ha dovuto confrontarsi con sto robo qua. Tutti ne sono usciti perdenti, camminando diretti lungo il cammino dell'oblio che lui, dio incontrastato delle possessioni, guarda dall'alto con sufficienza e mezza aria di disgusto. Ecco, una roba così avrei voluto girarla io, perchè avrei avuto un ego esagerato e me la tirerei TANTISSIMO e avrei ogni diritto per farlo. Bacerei la mia immagine allo specchio, sistemandomi i capelli con fare finto trasandato. E guai a chi dice niente, perché io ho fatto vomitare purea di piselli ad una bambina. Voi le verdure ai vostri figli manco gliele fate mangiare.  
  2. Magari se l'avessi girato io oggi non mi farebbe la paura bastarda che mi fa.

Più rileggo il post più vorrei aggiungere film, cambiare qualcosa, eccetera, ma il mio cuore mi impedisce di toglierne qualcuno di questi. In ogni caso, fatti questi cinque sarei già una regista della madonna e quindi mi starebbe anche bene fermarmi qui.

Qui gli altri post degli aspiranti registi, io li ho letti e direi che saremmo una cricca d'oro:

venerdì 16 ottobre 2015

American Horror Story Hotel (Ep. 2 - Chutes and Ladders)

10:19
LO DICO ORA MA VALE PER TUTTA LA SERIE, CI SARANNO SPOILER CHE SE FOSSI IN VOI EVITEREI.


HABEMUS FINN WITTROCK!

Dandy è tornato, accolto da cori festanti e manifestazioni di amore mai terminato da parte della folla femminile che ancora lo ricorda come il personaggio bomba di Freak Show.

Torniamo al Cortez per il secondo episodio, che aspettavo con ansia dopo che il primo mi aveva colpito come un schiaffetto di quelli dati per ridicolizzare al suono di 'Pensavi sarei stato una merda, eh?'
È andata bene anche questa settimana, intanto per il ritorno in scena del sopracitato Wittrock, che nella scorsa stagione aveva vinto il premio di mio personaggio preferito, e che questa volta non sembra essere da meno. Modello strafatto e provocatorio che viene scelto dalla nostra amica Gaga per essere trasformato in vampiro. Ecco, con questo episodio si è chiarito che parliamo proprio di vampiri quelli veri, non delle macchiette che gli vogliono assomigliare, nè magari pazzi miliardari cannibali. No no, son proprio vampiri, ce lo hanno detto più o meno a chiare lettere e a noi sta bene così.  Spero che la sua 'evoluzione' non si concluda qui.

Restiamo su Gaga e parliamone con calma, visto che è così chiacchierata. Il suo ingresso nel cast, accolto da polemicone varie ed eventuali come il peggior festival di Sanremo, a me aveva lasciato piuttosto indifferente. Appurato che la musica che fa non rientra propriamente in quello che definirei il mio genere, lei come personaggio non mi è mai dispiaciuta. Provocatoria fino all'eccesso, ma non è che mi disturbasse come quella povera cretina di Miley Cyrus che davvero non la posso vedere.
Qui continua a fare quello che le riesce meglio.
È perfettamente statuaria (che sia alta 1 e 20 è un dettaglio, cercate di capire le mie scelte lessicali che ho il vocabolario di una 12enne), con la schiena tutta bloccata e il collo di traverso per sembrare più alta, incredibilmente scenica in tutto quello che fa, riesce quasi a sembrar bella. Il fatto che non cambi mai espressione in questo caso è tanto perfetto quanto lo era la faccia di quel bamboccione di Ben Affleck in Gone Girl. Parla poco e dice solo cose molto 'liriche' (di nuovo, considerate la pochezza di vocabolario) tipo 'Lo facciamo per la caccia.'.
Questo richiede il ruolo e a lei viene da dio, non sono sicura di voler sapere se le viene così bene perché ha capito esattamente cosa fare o se è perché abbaia anziché recitare, ma nemmeno mi interessa saperlo, per ora.
Poi immagino che siamo tutti d'accordo nel dire che è lei la moglie di quel sano di mente di March, giusto?


Detto ciò, come prosegue la vicenda?
Mah, è sempre tutto un gran bordello. La carne al fuoco non è tanta, è TANTISSIMA. Intanto abbiamo il nostro amico poliziotto che ora vive al Cortez, incrocia qualcosa di identico al figlio scomparso e lo segue disperato senza nemmeno riflettere sul fatto che dopo anni il figlio sarebbe se non altro dovuto essere un po' più alto. Ma io in effetti non ho idea di cosa una perdita del genere faccia alla testa di un uomo per cui non dirò altro.
Il vero colpo da gran bastardi è stato mostrare il giovane Holden (perdonatemi) alla sorella. Sarà che (maledetta Rowling ovunque tu sia) sono particolarmente sensibile al tema dei gemelli che perdono la propria metà, quando ho visto lo sguardo della bimba guardare il proprio riflesso non cresciuto nella piccola bara di vetro mi sono sentita morire. E chiaramente la madre non le crede. Ma vorrei bene vedere, non è stata lei a rincorrere un ricordo per il corridoio di un hotel.
Questa sottotrama mi intriga particolarmente, questa dei bambini rapiti e traformati in vampiri è interessante.

Sono ancora confusa sulla mia Bates, invece. E anche sulla Hypodermic Sally, che non ho capito cosa siano, quale delle due sia viva o meno (beh, no, spè, la Paulson è morta di certo), cosa ci facciano ancora lì e soprattutto, vista la recente rottura, che fine faranno fare a Matt Bomer. La cosa certa è che quelle due lì sono due bestione di bravura e le amo appassionatamente, quei denti frantumati mi hanno fatto venir voglia di nutrirmi solo a minestrina e smoothies per non rovinare quelli che mi porto in giro io.
E sì, continuo ad amare O'Hare. Ha una gestualità incredibile e ne vado pazza.


È presto per dirlo, dopo solo due episodi, e la mia cotta al momento mi impedisce di essere lucida, ma secondo me abbiamo di fronte una di quelle stagioni GROSSE.
Vi sta piacendo? Ne parliamo? Ci disperiamo insieme fino alla settimana prossima?



giovedì 15 ottobre 2015

Spring

15:01
All'inizio dell'anno ho visto un film, si chiamava Honeymoon. 
Ogni tanto ci ripenso e ogni volta vorrei piangere. Mi aveva rubato cuore e sentimenti e oltretutto, dettaglio non da niente, quando mi torna in mente il volto di lei che spunta dalla barca dopo avere fatto quello che ha fatto mi piglia un brivido infinito dietro il collo di quelli che ti arricciano i capelli.
E per arricciare i miei serve un miracolo.

Per questo quando si è iniziato a parlare sul web di Spring io ho preso tempo. Non sono dotata di sentimenti ricaricabili, non posso permettere al cinema di privarmi di ogni lacrima, me ne devo conservare qualcuna per dare una parvenza di umanità alla mia vita reale.
Quindi, esattamente dieci mesi dopo, posso dirmi pronta ad affrontare la visione di un film che è piaciuto a TUTTI.
Se non mi piace son fregata. Mi tocca chiudere il blog.


Spring è la storia di Evan, che si rifugia in un paesino della Puglia dopo che la sua vita in California ha smesso di avere un senso. Sua madre è appena morta, suo padre manca da tempo, per colpa di una rissa è impelagato con la polizia e ha perso il lavoro. In Puglia trova una giovane, Louise, con la quale nasce una storia. Non è tutto così idilliaco come sembra.

Quando l'horror decide di incontrare l'amore lo fa con una raffinatezza che se per favore le commedie romantiche si vogliono spostare qui abbiamo discorsi profondi da fare, la porta è in fondo a destra, dove ci stanno sempre i cessi. Honeymoon, citato sopra, era un ritratto di coppia incantevole, Lasciami entrare (qui il post) riprendeva l'amore in un'età in cui forse parlare d'amore è un po' precoce ma senza dubbio adeguato, Spring parla di un amore che sta nascendo e che prima ancora di diventare tale si scontra con una realtà che potrebbe ostacolarne l'evoluzione. Tutti e tre sono di un'eleganza che lascia sgomenti.

La coppia che nasce in questo film in particolare, poi, riprende un po' le caratteristiche delle coppie degli altri due che ho elencato. La complicità e il divertimento sono quelli di Paul e Bea, la sincerità e la semplicità della comunicazione sono quelli di Eli ed Oskar.
Perché la cosa che più ho amato di questo film è stato che si parla un sacco.
Per ovvi motivi voi non lo potete sapere, ma io sono fissata con i dialoghi. Quando scrivo qualcosa la prima parte che mi viene in mente sono i dialoghi, quando parlo con le persone presto un'attenzione maniacale alle loro scelte lessicali mandando fuori di testa chi è costretto ad essere sottoposto a questo continuo esame da parte mia, cerco sempre di cogliere quello che si dicono le altre persone non perché sia curiosa delle loro vite ma perché le parole mi affascinano come poche altre cose al mondo.


Spring è un lunghissimo dialogo tra due persone che si stanno conoscendo ma che hanno scelto di non indossare maschere e far fruire i discorsi liberamente, con una naturalezza che gli invidio molto. Ci hanno provato, Louise soprattutto, ad interrompere questa relazione per tutelare chi non sarebbe stato in grado di affrontarne le conseguenze (e di nuovo, qui, l'amatissima Bea che nasconde al marito la verità su cosa sia accaduto nel bosco) ma tale era il loro discorrere, così fluido e spontaneo, da non poterlo trattenere oltre. Dal primo, sudatissimo, appuntamento, questi due hanno parlato, e parlato, e parlato, e guardarli entrare a parole sempre di più nell'intimità uno dell'altra è stato un piacere per il cuore e la mente.
Tanto quanto quella resa finale, con il sole che sorge e niente che cambia.
E nessuna parola detta più, perché a quel punto non ce n'era bisogno.

Come non c'è bisogno di sottolineare i piccoli difetti di ricostruzione dell'Italia che i due addetti ai lavori hanno fatto, Non sarebbe una critica utile a nessuno, e comunque lo splendore della Puglia fa passare in secondo piano il fatto che i contadini anziani è difficile che parlino un'inglese così fluente.
Un saluto dalla pallosa grigia e nebbiosa Pianura Padana.

giovedì 8 ottobre 2015

American Horror Story: Hotel (Ep. 01 - Check In)

18:07

Grandissimo regalo di compleanno che la FX mi ha fatto quest'anno: il ritorno di AHS, proprio il giorno in cui compio il quarto di secolo.
Lacrime di gioia, commozione e grandi abbracci precedono la visione del primo episodio, che non poteva che chiamarsi Check In, data l'ambientazione.

(Ve lo ricordate vero che io con le serie tv ho parametri di giudizio completamente diversi rispetto ai film, vero? Che sono molto più magnanima, che con loro cerco solo intrattenimento puro e semplice? Tenetelo a mente lungo tutta la durata di questa ''''''rubrica''''')

Con che aspettative parto? GIGANTI.
Lo so che mi hanno spesso delusa e sconfortata, quelli di American Horror Story, ma se vuoi veramente bene a qualcuno gli perdoni anche gli errori, grazie allo splendore di quell'Asylum che ancora mi brilla nel cuore.

Sono al minuto 17 di visione e già avrei voluto fermarmi almeno 6 o 7 volte per fare un commento a caldo su quanto questo episodio mi sia piaciuto, mi trattengo il tanto che basta per concludere quest ora e darvi un giudizio complessivo, ma sappiate che farlo è dura.
Ci risentiamo a fine visione.

È colpo di fulmine amici blogger, non c'è speranza.

Intanto, di cosa si parla per questa stagione.
Siamo in un hotel, e fin qui era chiaro a tutti. L'hotel in questione si chiama Cortez, così possiamo dare un nome alle cose di cui parliamo. Al Cortez (che è bello bellissimo stupendo) succedono un sacco (e intendo proprio UN SACCO) di cose assurde. E dicendo assurde do per assodato che voi comprendiate orribili tremende sconvolgenti da incubo.
Tutto qui.
Ah no, c'è un detective che ci va a vivere dentro.

Com'è andato questo check in?
È andato BENE.
Dopo i primi minuti, che peccano di un minimo di eccesso di grandangolo di cui però a me in fondo importa poco più di niente, già volevo ballare la salsa e dedicarla alla mia coppia del cuore, Murphy e Falchuk. Si inizia con una rapida visione della città, moderna e rumorosa, che si conclude nel momento in cui due biondissime turiste varcano la soglia del Cortez, che niente ha che vedere con la città in cui si trova, nè con l'epoca in cui la serie è ambientata (i giorni nostri). Il Cortez è anacronistico, vintage, silenzioso. Ed è rosso. ROSSO. Mi sono sentita a casa, guardate l'immagine sopra e ditemi che non ci sta benissimo con il mio blog, siamo fatti per amarci io e AHS. Ti trascina in un'altra epoca, in un'altra dimensione, e io ci sto comodissima.

È sempre bellissimo, alla prima puntata di una stagione del nostro amatissimo telefilm, vedere cosa saranno stavolta i soliti volti noti. La Bates, paladina del mio cuore, è finita di nuovo a fare la mamma preoccupata per il figlio difficile, ma non sento il peso della ripetitività con la stagione precedente, per ora. Mi è dispiaciuto vedere la Sevigny relegata al ruolo di mogliettina del poliziotto, ma conto in una sua riscossa con le puntate, l'avevo amata alla follia in Asylum. Sarah Paulson CIAO, mi sta conquistando ogni stagione di più. Potrei ammettere o forse no che avevo a malapena riconosciuto Denis O'Hare, ma anche questo ci importa poco perché, insomma, LIZ TAYLOR. È già il mio preferito della stagione, non c'è guerra. Attendo la Roberts che nel frattempo sto adorando in Scream Queens, se volete poi facciamo due chiacchiere anche su quello. Diamo anche un caloroso benvenuto a Matt Boner che è un piacere per lo sguardo. Per quanto riguarda Gaga sono combattuta, mi aveva stuzzicato parecchio l'idea della sua presenza, e il suo personaggio ad ora mi piace, è il motivo per cui mi piace che mi urta un po'. È chiaro che abbiamo di fronte il personaggio che sarebbe stato di Jessica amoremio Lange, per cui Gaga non se l'è cavata male ma Jessica non si tocca e mi dispiace che non ci sia.


Per ora sono molto intrigata. Ci ho visto Shining, Saw, magari anche molta altra bella gente. La carne buttata al fuoco è parecchia, abbastanza da tenermi viva la voglia di proseguire, cosa che per me vale tantissimo perché abbandono serie tv come principale attività sportiva.
VI PREGO non deludetemi stavolta perché potrei soffrire come mai prima.

Ci aggiorniamo la prossima settimana, you dumb swedish meatball.
Non vedo l'ora.

giovedì 1 ottobre 2015

Ballata dell'odio e dell'amore

14:25
(2010, Alex De La Iglesia)

Dopo un'estate da dimenticare, un periodo di lontananza importante dal blog (quasi più mentale che effettiva), con cosa potrei ricominciare?
Vediamo...un capolavoro? Un cult? Una trashata? Un film di merda così ci risentiamo tutti a nostro agio?
Ma no!
Perché non rimettere le dita sulla tastiera parlando di un film che ha spaccato le opinioni a metà, così da causare liti e lanci di sassi nei commenti, perché non iniziare subito dando motivo alle persone di defollare immediatamente?
Esatto, perché?

Perché non sono riuscita a resistere ad un nome così splendido.
Perché con questo video qui il mio adoratissimo Claudio Di Biagio mi aveva conquistata.
Lui apre la sua recensione spiegando come il film o ti conquisti completamente o non ti riesca a convincere del tutto.
E io, che avrei disperatamente voluto che Balada triste de trompeta mi facesse innamorare, rientro nella seconda categoria. Un po' perché con un titolo così non puoi deludermi, le parole sono troppo importanti. Un po' perché le immagini sono di una bellezza commovente, con tutto quel grigiore.

Ma prima è il caso di raccontarvi di cosa parliamo.
Javier, ultimo di una generazione di pagliacci, segue le orme del padre e intraprende la strada del pagliaccio triste. Non ha alternative, non è mai stato bambino e non ha idea di come si faccia ad essere allegri. Finisce a lavorare in un circo come tanti, la cui attrazione principale è Sergio, il pagliaccio felice. Felice solo in scena, però, fuori dal suo lavoro è un ubriacone violento e prepotente. Proprio con questo esemplare della feccia umana Javier divide l'amore, quello per la trapezista Natalia.
Non finisce bene per nessuno, e come potrebbe?


Avrei tanto voluto restare estasiata davanti allo schermo, perché mi ero presa una cotta per il titolo, il 'mood', il volto dei personaggi, la storia...
invece MEH.
Cerchiamo di essere chiari: quando leggo recensioni estasiate di persone molto ma molto più competenti e capaci di analisi di me ci credo sempre. Questa volta idem, ho visto molta gente esaltare il lavoro di De La Iglesia, in modo anche molto ben argomentato e mi sono arresa al fatto che questa volta la colpa è mia e mia soltanto. Se leggo 'Questo film mi ha fatto schifo/è un capolavoro punto e basta.' prendo la tua opinione e le dedico lo scopo che viene dato ai giornali vecchi. Non me ne faccio niente. Quando invece un'opinione è ben costruita, supportata da tesi intoccabili e in cui credo, allora alzo le mani.

Penso sinceramente che questo film sia lo splendore che certi esaltano. Lo credo sinceramente. Solo che io non l'ho capito.
Non è che non abbia capito il film, dai. La storia è semplice, tutto sommato.
Ho colto i sentimenti strazianti, uno per uno. Ho apprezzato che il vero cattivo qui non fosse quello che ci aspettiamo noi, quanto piuttosto la sua bionda mogliettina (e non è uno spoiler), ho apprezzato che si trattasse anche il tema delle donne vittime di violenza che per un motivo piuttosto che un altro non riescono a rinunciare al loro aguzzino.
Può essere che il mio problema sia il riuscire a restare concentrata in un film in cui si mescolano sentimenti così disperati ad un aspetto così grottesco. Aspetto che, lo ripeto nel caso vi sia scappato, ho trovato bellissimo.

Solo che davvero, non mi sono commossa.
Forse sono un mostro.
Non lo so, eppure piango sempre quando vedo l'episodio in cui Rachel molla Ross perché lui è andato con quell'altra dopo che LEI gli aveva chiesto una pausa. Sta stronza maledetta senza cuore.
L'amore mi commuove sempre, soprattutto quello disperato, combattuto, quello che ti marcisce dentro. (Ma no, non mi piace Romeo e Giuletta, mi dispiace.) In questo caso, però, nonostante si rientrasse perfettamente nella categoria di quel tipo di amore lì, io impassibile davanti allo schermo a vedere questo pover'uomo deformarsi il volto per lei.


È solo che io certi tipi di analisi, così profonde con i paroloni complessi, non li so fare. Non sono brava a leggere i sottotesti, a capire le intenzioni degli autori e dei registi, mi accorgo a malapena se un attore abbaia o invece è bravo. Un film mi emoziona oppure no, motivo per cui tengo 'solo' un blog e non sono invece una critica affermata.
Forse semplicemente Balada triste de trompeta è un film troppo intelligente per me.
Ipotesi da tenere sempre bene a mente quando dico che un film mi ha fatto schifo.


venerdì 18 settembre 2015

Wes Craven Day: L'ultima casa a sinistra

14:49


Quando Erica (e chi altri?) del Bollalmanacco ha proposto a noi blogger una doverosa giornata in memoria di Wes Craven, non ho avuto dubbi che avrei approfittato dell'occasione per vedere finalmente un film da cui fino a grossomodo un paio d'ore fa scappavo disperata agitando scenicamente le braccia in aria.


E avevo ragione a scappare, maledetti che siete, avevo ragione io.
Perché Craven è (era, sob, mi riesce difficile il pensiero di dover sistemare tutti i verbi) uno stronzetto. E sappiamo bene che tali appellativi, se pronunciati da qualcuno che ama un certo genere, diventano dei complimenti.
Date in mano ad uno stronzetto l'argomento che più mi sconvolge e il risultato sarà The last house on the left.

Mari (questa non solo si chiama come me, ma c'ha dei capelli pari ai miei, io voglio morire) e la sua amica Phyllis incontrano il giovane Junior, al quale chiedono un po' d'erba. Junior, però, è parte di una banda decisamente poco raccomandabile con la quale le due ragazze dovranno fare i conti.


Non entro nello specifico, con la trama, perché suppongo che tutti quanti la conosciate nel dettaglio. Se la conoscete ma ancora non avete il visto il film, come era successo a me, non sperate di uscirne indenni solo perché già sapete gli eventi, non c'è scampo.
E non sperate nemmeno di nascondervi dietro ai banalissimi 'Eh ma tecnicamente insomma fa un po' piangere!', oppure 'Sì va beh ma che filmetto mediocre!'.
Balle.
Cioè no, non sono balle, è vero che si tratta un lavoretto pseudo amatoriale e che i virtuosismi tecnici vivono altrove. Qui abbiamo peni staccati a morsi, nomi incisi sul petto come se si stesse marchiando il territorio...e io ho visto solo la versione tagliata.
Il punto però non è questo: è che non ce ne frega niente, perchè a fine visione avremo più o meno la sensazione di essere stati investiti da un autobus. O proprio da un treno merci. Se a fine visione ci arriviamo, il che non è assolutamente scontato dal momento che si parla di violenza sessuale. E io con la violenza sessuale non ce la faccio. Non so se sia legato al mio essere femmina, ma spero di no, è solo che non le riesco a guardare, le scene di stupro, mi lasciano devastata, come un animale ferito che si lecca le ferite in un angolo. Non mi importa se, come ci ricorda la locandina, è solo un film, se l'attrice in questione non sta davvero subendo violenza.

Quella ripugnante bocca sbavante, quegli occhi rovesciati all'indietro, io so che mi tortureranno a lungo. E so che tu, Wes, sarai lì a gongolare, vedendomi così scossa. Quanto ti ci vedo, soddisfatto del tuo lavoro.


Non sono stata l'unica a ricordare Craven, oggi, leggete un po' cosa ne dicono loro:
Il Bollalmanacco di Cinema
Non c'è paragone
Scrivenny
Combinazione Casuale
White Russian

sabato 12 settembre 2015

3 anni di MRR: Paranorman

17:18
Il primo post mai comparso da queste parti è stata una recensione su un film di Tim Burton. Ai tempi lo amavo moltissimo, non avrei potuto che iniziare con lui. A commentare quel post furono soltanto il mio ragazzo e due amici, una dei quali oggi è uscita silenziosamente dalla mia vita. 
Cerco di non rileggere mai le cose scritte molto tempo fa perché se penso che qualcun'altro oltre a me possa avere messo lo sguardo su certi scempi mi viene un piccolo prurito che mi spinge verso il suicidio.
Poi in realtà sono tutti lì, eh, indicizzati insieme ai post di cui mi vergogno un po' meno. Per me è una questione sentimentale, o tutti o nessuno. Ho lasciato pubblici e mai corretti anche post riguardanti film su cui ho abbondantemente cambiato idea, perché mi dispiace manometterli dopo tutto questo tempo. Mi servono anche per capire se noto dei miglioramenti o meno, ma a voi forse la mia severa autocritica interessa poco.
Per questo mi sembrava carino festeggiare insieme il terzo (terzo? jesoo, mi sembra di avere iniziato da cinque minuti) bloggheanno parlando di un film che ricorda i tempi d'oro del buon Tim solo all'apparenza.
Perché in realtà è molto, molto meglio.


Norman, a cui dobbiamo l'adorabile gioco di parole del bellissimo titolo, è una strambo ragazzetto che parla con i morti. La cosa non lo turberebbe minimamente se a rompergli le scatole non ci fossero praticamente tutti quelli che lo circondano. Smetteranno di prendersi gioco di lui solo quando si accorgeranno che, grazie al suo dono, Norman sarà l'unico in grado di salvare la città. 

Paranorman si prenderà il vostro cuore più o meno al minuto 01.30 e se lo terrà stretto, strettissimo fino alla fine, quando avrete la desolante certezza che il vostro organo vitale non vi sarà mai restituito. Rimarrà a battere lì, su quel furgoncino malconcio (o su quello che ne resta), in quell'archivio comunale oppure, più probabilmente, nella camera da letto di Norman. Perché già l'inizio di questo film sarà sufficiente ad inumidirvi gli occhi. Poi chiaramente non si fermerà lì, ma c'è questa splendente partenza: ragazzino strambo sul divano che parla con la nonna. Niente di più normale, vero? 
È proprio un peccato che la nonna in questione sia defunta da tempo. 


Dal primo rimprovero familiare che ci è mostrato in avanti, la vita di Norman è francamente uno schifo: famiglia che non lo capisce, amici non pervenuti, fantasmi che invece che essere d'aiuto ostacolano la già difficile situazione, bulli molesti e uno zio che spunta dal nulla per dirti che hai giusto qualche ora per salvare tutti quanti.
Come se la meritassero, la salvezza.
L'umanità è ritratta come una becera e bigotta vecchia signora, di quelle detestabili che puzzano di antibiotici e profumi fuori moda. Tutto ciò che è diverso, nella città in cui il bambino si è trovato a vivere, spaventa. E quando qualcosa ti spaventa non solo non ti fai avvicinare, alzi anche difese non necessarie affinché nessuno possa farti male, nemmeno chi di farti male non ne aveva la minima intenzione.

Con chi riesce a comunicare Norman? Con chi, come lui, è differente. Il suo unico amico è vittima dei bulli per il suo peso, lo zio che gli affida il compito è considerato folle (e forse qualche rotella in effetti gli manca) perché ha lo stesso dono del nipote, gli zombie sono notoriamente causa di orrore e raccapriccio. Quello che rende Norman speciale, quindi, non è il suo dono. È la capacità che ha dimostrato, in ogni singola azione compiuta nel film, di saper andare sempre oltre le apparenze, anche quando queste fossero mostruose come quelle dei morti viventi. Ne è intimorito come tutti, non fraintendetemi, è un personaggio umano. Ma è disposto a rivedere la sua opinione non appena gli arriva un segnale positivo. Non si blocca nelle sue convinzioni, ASCOLTA. 
È troppo facile cambiare opinione su una persona nel momento in cui sta in piedi davanti al municipio a salvare le chiappe a tutti quanti. Lui ci arriva prima, si apre alla possibilità che chiunque abbia qualcosa di buono da dargli, che ogni azione negativa compiuta da qualcuno possa avere una motivazione dietro che ti spinga a guardarla con occhi diversi.


Sarebbe altrettanto facile lanciare grandi messaggi come questo, sulla tolleranza e sull'imparare il valore incredibile della diversità, con mallopponi filosofici polacchi in b/n con i subs in cirillico. Invece Paranorman è una perla di comicità, sia molto intelligente che più semplice, di quelle che ti possono far ridere per una grande citazione che di quelle che ti fanno lacrimare per le botte da orbi che sti poveri zombie si pigliano immotivatamente. O per questi personaggi così macchiette che riescono comunque a non essere mai esageratamente caricature. (Lo sono, ma in un modo talmente equilibrato che quasi non te ne accorgi).
E, a proposito delle citazioni, posso togliermi un sassolino nella scarpa? 
Dai, oggi è il nostro compleanno, concedetemelo.
Non me ne frega niente delle citazioni. 
Ma zero proprio.
Sono una chicca gradevolissima per chiunque le colga, ti fanno fare un adorabile 'awwwwwww' quando arrivano, poi basta però.
In questo caso non aggiungono valore al film, Paranorman non ne ha bisogno, sarebbe incantevole comunque. Si farà amare da chiunque, a prescindere che abbia colto quel Mario Bava lì nella prima parte. 
Si piange di quella commozione bellissima che solo i film dolci con personaggi così adorabilmente comici provocano.
Ed è quel tipo di commozione che io amo tanto, e che ricerco in ogni pellicola che vedo.

Per questo mi sento di offrire a voi questa che per me è l'emozione più bella del mondo, nel terzo anno che passiamo insieme, anche solo parlandovi di un film. 
Non c'è modo migliore di festeggiare.

lunedì 7 settembre 2015

A girl walks home alone at night

09:00
(2014, Ana Lily Amirpour)

L'avete visto tutti Johnny Depp a Venezia, vero?
Impossibile che non sia così, ne stanno parlando tutti. E' brutto, è ingrassato, ha infranto i nostri sogni, ha spento i nostri ormoni, e blablabla.
Parliamone.
Sono tutti così sconvolti perché non era esattamente quello che ci si aspettava. Perché non rispecchiava più quell'ideale che ormai viveva nelle nostre teste, perché era diverso da come credevamo sarebbe stato.
Sapete chi altro è così? A girl walks home alone at night.
Perché è un film sul vampirismo unico nel suo genere, che seppur citando e ricordando altre pellicole sul tema (ma mica possiamo vivere sulla luna, il mondo ci circonda e ci ispira, è naturale) è diverso da come lo avremmo creduto.

Siamo in Iran, in un'immaginaria cittadina chiamata Bad City. E' la raccolta dell'umanità più compromessa: tossici, spacciatori, prostitute, ragazzini costretti a elemosinare denaro. In questo ambiente nero si muove una ragazza, coperta dal suo chador, sotto cui nasconde capelli e segreti.


Esattamente come per l'arrivo di Johnny sul red carpet, avevo aspettative belle intense. Un po' perché blogger molto più competenti di me ne avevano parlato come di uno dei film dell'anno, un po' perché sapevo si trattasse di un film b/n sui vampiri. Ambientato in Iran. E tanto bastava a stuzzicare curiosità e fantasia (il Medio-Oriente è una di quelle zone del mondo che mi affascinano di più).
A fine visione vorrei avere le parole adatte per convincervi a chiudere questa pagina del vostro browser per invitarvi ad aprirne un'altra e cercare immediatamente questo film incantevole, ma non ne ho.
Vi basta sapere che è come Johnny Depp.
Diverso da come lo pensate.
Siamo abituati a vampiri resi glam da fenomeni di massa, al sangue talmente presente nelle pellicole da non spaventarci più, all'azione immediata e coinvolgente che non deve lasciarti respiro altrimenti il film è NOIOOOOOSO.
Ecco, questa giovane regista (è una donna! è una donna! in barba a voi maschilisti di sta grandissima ceppa di m, datele tempo e la signorina Amirpour vi mangerà in testa umiliandovi senza pietà) ha preso queste tre cose elencate sopra e le ha buttate dalla finestra. Violentemente proprio, credo abbia ferito dei passanti.
Ha girato un film introspettivo e intimista, lento fino all'esasperazione ma che riesce a non essere mai pesante, cupo, scurissimo, ma che paradossalmente scorre giù per la gola liscio e buono come lo yogurt alla nocciola della muller.
Ma soprattutto, ha girato un film SILENZIOSO. Le parole sono poche, ben studiate, il minimo necessario a darti un'idea di quello che accade tra i personaggi. Anche se gli occhi parlano molto di più. In particolare quelli della nostra protagonista, inquietante e silenziosa col chador addosso ed elegante come una giovane Ines De La Fressange con la sua maglia a righe e poco altro. La nostra amica Amirpour ha capito che il silenzio non è da temere come un nemico, lo usa come ciliegina su quella incantevole e fascinosa torta che è questo film dal titolo così interessante.


Esattamente come il povero Johnny, così chiacchierato perché, pensate un po', è invecchiato, e non è più il sexy trentenne tossico che si spatasciava sul letto con Kate Moss. E' diventato asulto, è tornato a concentrarsi sul girare film seri e smettere (spero una volta per tutte) di fare continuamente la macchietta di se stesso. Si è evoluto.
Spero sia la direzione del Cinema tutto, anche se, certo, almeno i capelli poteva lavarseli.


martedì 1 settembre 2015

Maripensiero: I miei film preferiti

11:17
Oggi è il primo di settembre.
Vi apparirà forse una banalità specificarlo, ma in casa mia (ma sono certa anche in casa vostra) significa FINALMENTE fine di qust'estate di sto cavolo. E io ne gioisco immensamente, il che per me è paradossale dal momento che amo il caldo torrido e il sole.
Concludo questa spaghettata di affaracci miei raccontandovi che la degna conclusione di questo periodone si è concretizzata con la morte del mio pc. E con morte intendo che lui ci prova ancora a tirare fiato ma che i medici hanno ormai diagnosticato la morte cerebrale. 
Non appena arriverà quello nuovo ritornerò a stalkarvi e a recuperare tutti i vostri vecchi post che mi sono persa con mia somma rottura di palle.

Riassumere in un solo post tutti i film che governano sul mio cuore mi sembrava un buon modo di ricominciare. Chi bazzica da queste parti da un po' riconoscerà i soliti titoli noti che tiro in ballo con frequenza regolare, ma mi piace l'idea di averli tutti qui insieme, per venire a farmene coccolare qualora avessi bisogno di terapia.
L'ordine è rigorosamente sparso, che ve lo dico a fare.

  • Shining (1980, Stanley Kubrick) 

Navighiamo nell'ovvio. Il film a cui ogni virgola di questo blog è dedicata, dal titolo in poi, l'Opera d'Arte Definitiva. Tante volte ho cercato di trovargli un difetto, mi ci sono anche impegnata, ma niente, Shining va oltre l'umano. Forse una scelta più di testa che di cuore, ma ogni volta che premo play e vedo quella magnifica sequenza iniziale rimango sbigottita di fronte a quello che un essere umano può fare.
Ogni volta che mi veniva chiesto quale fosse la mia passione io avevo difficoltà a rispondere, poi un giorno ho capito che io sono appassionata di talento.
Amo gli scrittori capaci, che sorprendono col loro modo di usare le parole irraggiungibile per noi semianalfabeti, amo gli illustratori e li invidio tantissimo perché io non so fare nemmeno la o con il bicchiere, amo i musicisti e gli autori che sono in grado di tirarmi fuori emozioni che nemmeno sapevo di avere, e soprattutto amo i registi che miscelano le parole, le immagini, le emozioni. Ecco, Kubrick sta SOPRA alla mia personale definizione di talento.
Lui è proprio un'altra cosa.
Il sangue che scorre dagli ascensori mi causa ancora oggi un'angoscia ineguagliabile.

  • La città incantata (2001, Hayao Miyazaki)

Non mi piacciono i cartoni animati.
Ecco, l'ho detto.
Ci sono alcune eccezioni che si sono fatte voler bene, ma in linea di massima li evito perché mi stufano tantissimo ma più probabilmente perché sono una bestia senza cuore.
Ma La città incantata mi ha preso il cuore e ha deciso di tenerselo. Appurato che lo Studio Ghibli è in generale di un livello talmente superiore da non potersi paragonare a nessuna delle case occidentali se non per umiliarle tremendamente tutte, questo film in particolare non è altro che Poesia.
Ogni disegno, ogni colore scelto, ogni parola pronunciata, ogni personaggio, TUTTO in questa pellicola è Poesia, noi possiamo solo leggerla, farcene conquistare, lasciargli lo spazio che merita, e farci rubare ogni emozione. Perché se le prenderà tutte senza eccezioni.
Ne ho parlato in modo più approfondito qui.

  • Harry Potter e il prigionero di Azkaban (2004, Alfonso Cuàron)

Vi ho fatto una testa così con Harry Potter in questo post.
Di tutti e 7 i libri, però, ce n'è uno in particolare che supera abbondantemente la qualità (indiscussa e indiscutibile) degli altri, ed è il terzo. Stesso dicasi per il film.
In questo libro (e quindi nel film) c'è la mia scena preferita della saga. Uno dei capitoli migliori di ogni libro che abbia mai letto.
Harry, Ron ed Hermione sono finiti nella Stamberga Strillante con il professor Lupin. E' il momento in cui scopriamo la verità su Sirius, su chi sia realmente, su cosa è davvero successo la notte in cui sono morti James e Lily, su chi li abbia traditi.
Un romanzo intero per giungere a quella magnifica scena, in cui Lupin (a mio modestissimo parere uno dei personaggi migliori di ogni tempo) sta combattendo tra quella che credeva essere la verità e il suo bisogno di smentirla, la voglia di credere che Sirius fosse innocente e la consapevolezza che in fondo lui questa innocenza l'aveva sempre creduta. Il tutto di fronte a tre ragazzini convinti di essere in pericolo di vita e che invece non si rendono conto di essere nel luogo più sicuro del mondo, in compagnia di alcune tra le pochissime persone che darebbero la loro, di vita, pur di salvarli.
Per me tutti gli psicologi del mondo potranno scrivere migliaia di saggi, ma il migliore trattato sull'amicizia mai letto signori l'ha scritto la Rowling in un libro per ragazzi.

  • Il cigno nero (2010, Darren Aronofsky) 

Ormai il mio livello di fangirlismo per Darren sta raggiungendo livelli imbarazzanti. Il cigno nero è il film che avrei voluto girare io, se mai mi fosse venuta la passione per la regia. Per quegli splendidi movimenti di macchina che mi lasciano senza fiato (ma ci balli, tu Darren, con ste macchine da presa? Non si spiega altrimenti.), per quella sequenza finale da brividi, per quella recitazione incantevole a cui non avrei dato due spicci, per il modo in cui si è preso l'animo umano e lo si è spolpato, sviscerato ed esaminato, così raffinatamente.
Per quella grandiosa scena di Natalie Portman che cammina da sola e incrocia un'altra donna che altri non è che sempre se stessa e che mi ha lasciato senza parole.
Quanto bene posso volere a questo film, mi ha lasciata incredibilmente senza parole.

  • Dirty dancing (1987, Emile Ardolino)

Quando entra in gioco l'infanzia c'è poco che si possa dire.
E' il film che mi ha tirata su e mi ha accompagnata per tanti di quegli anni che è come se si fosse fuso con gli avvenimenti della mia vita.
Ve ne parlo qui.

  • La casa (1982, Sam Raimi)

Non guardavo film horror da qualche anno, causa traumi subiti dalla visione in età decisamente poco consona de L'Esorcista. 
Poi un giorno sono andata in edicola a comprare una rivista di videogiochi per mio fratello, e in omaggio c'era questo dvd. La curiosità, e il germe della passione che stava ancora dentro di me e che non vedeva l'ora di rispuntare, hanno vinto sulla paura e da allora sono rifinita nel vortice di quel certo tipo di cinema da cui ancora non riesco ad uscire.
Quello che rende il lavoro di Raimi tanto speciale è che quando l'ho visto per la prima volta mi sono sentita nello stesso modo in cui con ogni probabilità si sono sentiti loro mentre lo giravano: in giro a cazzeggiare con degli amici deficienti.

  • Little Miss Sunshine (2006, Jonathan Dayton e Valerie Faris)

Perchè da quando ho visto questo film ho capito il vero motivo per cui mal sopporto le commedie (con le dovute eccezioni): perché non sono tutte così.
E' dolce di quella dolcezza che piace a me, mai totale e stucchevole, ma che riesce ad essere tale pur comprendendo al suo interno le dovute dosi di amarezza o nostalgia. E poi è un po' weird, con questi personaggi anomali e allo stesso tempo così reali.
E quel balletto finale, degno del Sundance, quanto potrà essere adorabile?

  • Kill Bill  (2003/2004, Quentin Tarantino)

Io LO SO che i cinefili seri e competenti quando pensano a Quentin dicono che i suoi film migliori sono altri.
Lo rispetto, eh, anche io amo praticamente ogni cosa esca dalle sue manine dorate, gli vogliamo tutti un bene dell'anima.
Ma Kill Bill è una BOMBA.
E' Uma Thurman STREPITOSA, è tonnellate di sangue, è i Santa Esmeralda, è il Pussy Wagon, è intrattenimento intelligente e citazionista, è cinema allo stato brado, è goduriosissimo.
Decisamente il mio preferito.

sabato 22 agosto 2015

Scream

12:48
(1996, Wes Craven)

Situazione:
io e Moroso vogliamo guardare un film.
Io ci metto sempre ORE a decidere, ma stavolta un miracolo ha compiuto la sua azione e mi ha fatto scegliere in tempo record Scream, che imperdonabilmente ancora non avevo visto.
(Non sono un despota che sceglie sempre i film da vedere, sia chiaro, ma per colpa sua mi ero sorbita Guida galattica per autostoppisti, era il mio turno.)

Background:
io sono una rompicoglioni snobbetta di sto cazzo.
Scusate il francese.
Io esulto in sala quando vedo il trailer di Diaz, io protesto anche contro chi protesta, voglio fare la raffinata cinefila con gusti altolocati (che poi uno dei film della mia vita sia Dirty Dancing non conta ai fini del giudizio), rifiuto con decisi scuotimenti di capo i patinati filmettini mainstream al grido sussurrato di 'ma che ne sanno questi di come è fatto un bel film', e similia.
Questo potrebbe, ma non ne sono certa, giustificare il fatto che il bagnino della piscina in cui lavoro mi chiami, in modo molto originale e ricercato 'no ogm'.
Devo essere adorabile.








Moroso è uno di quelli che va al cinema a vedere Transformers (MAI sarà perdonato per siffatto affronto) però Jurassic World no perché non vuole finanziare queste becere azioni commerciali (ma a casa se lo guarda perché la coerenza sempre), ama la fantascienza in ogni sua forma, dei cinecomics non parliamone neanche, ma solo Marvel perché la DC cacca brutta.
Poi in realtà ha visto molti più cult fondamentali della sottoscritta, e soprattutto si ricorda sempre il nome di Al Pacino non come me che ogni volta è 'AAAAAAAAAahhhh, come cavolo si chiaaaamaaaaaaaa'.
Però gli è piaciuto Io sono leggenda, è una cosa di cui tenere conto.

Il film:
Scream è uno smoothie pieno di tutti i film horror girati prima del 1996. Non manca nessuno all'appello, dai più popolari e noti anche ai non amanti del genere, a più ricercate citazioni di rape and revenge che non sono proprio un prodotto fruibilissimo per ogni persona. Questo ha portato Moroso a lanciarmi sguardi complici ogni 5 minuti, del tipo: 'Ah, Michael Myers, eh, quello lì, l'amico tuo!' In realtà ci sono talmente tante strizzate d'occhio, ma talmente tante, che io nemmeno le avevo colte tutte. Fatevi un giro su Exxagon.
Quando butti millemila ingredienti nel robot da cucina hai due possibiltà: o ti esce uno schifo con i grumi che devi buttare tutto via e dimenticare il fallimento, o viene cremoso, buono, dolce.
La differenza sta nelle capacità, e nella furbizia.
Se usi ingredienti a caso è ovvio che ti viene uno schifo, se ti viene bene è tutta questione di culo. Devi avere la mano allenata, essere un po' tagliato con la materia, ed essere furbo.
E Craven è stato di una furbizia da Nobel, riuscendo a tirare su una pellicola in grado di colpire entrambi i casi umani spiegati sopra, con tutte le loro differenze.
Ha affascinato l'amante dell'horror, con i suoi occhi abituati al sangue e alle pugnalate, tanto quanto ha colpito il nerd, che, parole sue, l'ha trovato un film da non sottovalutare.
Scelta terminologica che trovo particolarmente adeguata, perchè Scream, con quella sua patinatura e i faccini belli, potrebbe essere facilmente scambiato per un filmettino di quelli che tutti perculano.
E INVECE NO.


Niente è casuale, ogni singola battuta, inquadratura, sguardo sono ben studiati per rimandare ad altro. Si prende un filone cinematografico intero e lo si shakera per dargli nuova consistenza.
E a chi lo fai fare il killer?
Ad un goffo imbranato, non uno dei 'soliti' folli o inumani, qua abbiamo uno smilzo che inciampa, scivola, cade se gli fai lo sgambetto e viene preso a botte per due ore. Nessuno muore senza combattere, questo povero Ghostface ne ha prese di tutti i colori.
Ed è stato anche divertente, esattamente nella dimensione in cui Craven voleva fosse, senza togliere niente al fattore paura che, incredibilmente, Scream fa.
Altra osservazione di Moroso che condivido completamente.
Come condivido il suo pensiero quando elogia i primi minuti di film.
Ma chi non li elogia, quelli sono la prova provata della qualità del lavoro che stiamo per vedere. 
Un esemplare momento di Cinema, uno di quegli inizi che vorrei sempre.
Uno di quei FILM che vorrei sempre.


 Ah, forse avrei dovuto raccontarvi la trama.
O forse no.

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